prologo di un racconto ancora senza titolo-ultima e terza parte:Elevation
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prologo di un racconto ancora senza titolo-ultima e terza parte:Elevation
Era una calda giornata, e io stavo lì,pieno di aspettative.
Contemplavo il grande cancello in ferro battuto, l’enorme e brulicante prato che si raggiungeva oltrepassando il varco e l’edificio in pietra che sovrastava il tutto.
Mi sentivo piccolo come una formica, e l’essere circondato da studenti universitari più grandi non aiutava. La parola “matricola” mi martellava in testa: in tutti i film c’è almeno una considerazione dispregiativa sulle “matricole”, e io lo ero.
-Un respiro profondo- mormorai, -e via!- mi slanciai verso l’università.
Non ricordo benissimo quando le cose cambiarono:credo sia stata una trasformazione lenta e graduale quella che mi portò a detestare l’università quasi come avevo detestato le scuole superiori. Mi aspettavo persone di intelligenza più aperta, di gusti più aperti;e invece no, semplicemente i miei compagni del liceo avevano cambiato postazione:un semplice caso di dislocazione.
Cercai di ragionare razionalmente e scientificamente: come risolvere il problema?
1- LORO non possono cambiare, e nemmeno l’università può, quindi non devo puntare su questo.
2- IO...io, piuttosto, posso lavorare su me stesso.
Talvolta ero tanto scoraggiato:
-Lo so, Gavin, lo so che hai ragione, lo so che sono loro, chiusi e bigotti, che dovrebbero cambiare, ma non lo faranno mai, perchè tu sei in netta minoranza e loro stanno bene così...pazienta, Gavin, pazienta, e vedrai che una soluzione la troveremo, insieme!- .
Un’amica inseparabile, un sostegno, un riparo e una consolazione: la mia coscienza.
Decisi (credo fosse il terzo anno) di fare un esperimento: partecipare completamente di quell’odioso sistema, e dedicai anima e corpo al tennis. Come ho già anticipato, raggiunsi successi più che discreti, ed effettivamente mi sentivo consolato da questo.
Peccato che le persone continuavano ad essere le stesse, da che mondo è mondo.
Perciò, continuai a consolarmi con le mie vittorie sportive (...nonno!...) e il giorno stesso in cui mi laureai, tornato a casa, presi il mappamondo (...del nonno!...), lo feci ruotare e,ad occhi chiusi, indicai a caso un luogo:Londra.
Contemplavo il grande cancello in ferro battuto, l’enorme e brulicante prato che si raggiungeva oltrepassando il varco e l’edificio in pietra che sovrastava il tutto.
Mi sentivo piccolo come una formica, e l’essere circondato da studenti universitari più grandi non aiutava. La parola “matricola” mi martellava in testa: in tutti i film c’è almeno una considerazione dispregiativa sulle “matricole”, e io lo ero.
-Un respiro profondo- mormorai, -e via!- mi slanciai verso l’università.
Non ricordo benissimo quando le cose cambiarono:credo sia stata una trasformazione lenta e graduale quella che mi portò a detestare l’università quasi come avevo detestato le scuole superiori. Mi aspettavo persone di intelligenza più aperta, di gusti più aperti;e invece no, semplicemente i miei compagni del liceo avevano cambiato postazione:un semplice caso di dislocazione.
Cercai di ragionare razionalmente e scientificamente: come risolvere il problema?
1- LORO non possono cambiare, e nemmeno l’università può, quindi non devo puntare su questo.
2- IO...io, piuttosto, posso lavorare su me stesso.
Talvolta ero tanto scoraggiato:
-Lo so, Gavin, lo so che hai ragione, lo so che sono loro, chiusi e bigotti, che dovrebbero cambiare, ma non lo faranno mai, perchè tu sei in netta minoranza e loro stanno bene così...pazienta, Gavin, pazienta, e vedrai che una soluzione la troveremo, insieme!- .
Un’amica inseparabile, un sostegno, un riparo e una consolazione: la mia coscienza.
Decisi (credo fosse il terzo anno) di fare un esperimento: partecipare completamente di quell’odioso sistema, e dedicai anima e corpo al tennis. Come ho già anticipato, raggiunsi successi più che discreti, ed effettivamente mi sentivo consolato da questo.
Peccato che le persone continuavano ad essere le stesse, da che mondo è mondo.
Perciò, continuai a consolarmi con le mie vittorie sportive (...nonno!...) e il giorno stesso in cui mi laureai, tornato a casa, presi il mappamondo (...del nonno!...), lo feci ruotare e,ad occhi chiusi, indicai a caso un luogo:Londra.
laretta- Inchiostro Verde
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