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Melitina (completo)

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Messaggio Da laretta Dom 27 Gen 2013, 20:27

E' un racconto a sè (non c'entra con gli altri della vetrina); vi avverto: è lunghetto, ma a me piace Very Happy sappiatemi dire! Very Happy

MELITINA
Alla fine, il signor Corsani aveva accettato i consigli premurosi ma insistenti e continui della moglie: aveva bisogno di una badante. Ormai, infatti, era molto anziano; usciva solo per le commissioni più importanti servendosi di una motoretta e, per fare quei pochi passi che poteva, si appoggiava ad un bastone. La vista, poi: era più cieco che vedente.
Nonostante tutto questo, però, era un uomo ancora interessante: molto intelligente, citava spesso autori importanti e i loro più saggi insegnamenti, e gli piaceva discorrere a lungo sulle questioni filosofiche, o politiche. Mentre ascoltava le notizie del telegiornale prendeva ardentemente posizione contro gli arrivisti e i violatori dei diritti dei lavoratori, difendendo onesti e leali ideali e modelli morali e sociali, convinto che l’uomo illuminista fosse decisamente più intelligente di quello moderno, servo della tecnologia e, di conseguenza, della pigrizia, ma soprattutto dell’avarizia e dell’ipocrisia e del potere.
E proprio per questa sua coscienza di essere un uomo valido, il signor Corsani aveva impiegato molto tempo ad accettare l’idea di dover dipendere da qualcun altro. Anche perché era abbastanza solitario di carattere; si era sempre arrangiato, ottenendo sempre un risultato più che accettabile.
Infine, non si era mai abituato del tutto al lusso e alla ricchezza del mondo in cui era stato quasi improvvisamente proiettato dal matrimonio con la moglie Angela.
Lei, infatti, era figlia di un esponente della nobiltà russa (un duca, o un conte, ora non ricordava). Si erano incontrati a Venezia: lei era lì come turista, lui per lavoro, cioè per remare sulle gondole. Lui, subito attratto dalla sua bellezza nordica, l’aveva invitata per una gita tra i canali della città, così si erano innamorati subito l’uno dell’altra. Si sposarono in segreto, poiché erano ancora molto giovani e i genitori di entrambi sarebbero stati di sicuro contrari alla loro prematura unione; e adesso erano ancora sposati.
Il signor Corsani, inizialmente, aveva subito accettato lo stile di vita di lei: la sua villa affacciata sul mare era tutt’altra cosa rispetto alla bettola in cui aveva vissuto lui fino a quel momento; inoltre non c’erano affetti o faccende particolarmente importanti a trattenerlo altrove. Si diede alla bella vita, per molti, lunghi, amabili anni; finché non si sentì altro che un mantenuto. Per questo iniziò a non farsi più servire da quella che lei definiva la “servitù”, a cucinare i propri pasti da sé, senza sfruttare la presenza di un qualificatissimo chef francese,… . Era diventato un’isola autosufficiente in mezzo ad un’affollata piazza. Un giardino epicureo di serenità e, appunto, autosufficienza. Tutto questo nell’incomprensione della moglie.
Una badante avrebbe significato essere servito e riverito e quindi, come molti anni prima, sentirsi un mantenuto.
Ma, allo stesso tempo, Angela aveva ragione: non era più giovane come una volta.
I coniugi appesero quindi un foglio (dietro una lastra di vetro incorniciata, come era d’abitudine negli usi di Angela) all’ingresso della villa:




- Cento euro a settimana?- aveva chiesto il signor Corsani, leggermente sbalordito. Lo stipendio che quella donna avrebbe ottenuto in un anno per non fare nulla (perché lui non gliel’avrebbe permesso!) era quello che lui, quando lavorava, guadagnava in… non aveva voglia di fare i calcoli; in ogni caso in molto, moltissimo tempo!
- Certo!- aveva risposto la moglie –Guarda che ce ne vuole di fegato per star dietro ad uno come te!- .


La prima richiesta giunse dopo circa una settimana.
Ma, dopo che questa fu rifiutata per la propria grossolanità nello svolgere i lavori di casa, la voce si sparse e numerose altre donne riempirono, qualche giorno dopo, la Sala Grande, cioè quella che comunemente viene definita una sala d’aspetto.
Venivano chiamate una alla volta e fatte entrare nello studio di Angela: una stanzetta con un banco da lavoro nel centro, e tantissimi libri sugli scaffali rasenti alle pareti. Il signor Corsani si divertiva a sbirciare dalla porta, quando veniva aperta per far entrare una delle clienti, le altre che stavano aspettando: stupefatte e sbalordite, alcune osservavano, ruotando la testa in su e in giù, a destra e a manca, i numerosissimi volumi sistemati sui vari ripiani (come nello studiolo di Angela, ma a grande scala) e gli affreschi che abbellivano il soffitto e le pareti libere; altre guardavano in basso, completamente disinteressate verso tutta la cultura, artistica e letteraria, chiusa in quella stanza, smanettando il loro cellulare; ultima categoria era quella delle donne evidentemente a disagio in quell’enorme spazio.
E da questa breve ma intensa osservazione il signor Corsani capiva tutto di loro: quelle che erano lì per soldi, quelle che non vedevano l’ora di lavorare lì solo per accedere a quella stupefacente biblioteca, quelle che si sarebbero sempre sentite in debito verso di lui e sua moglie.
I colloqui, meno eloquenti, furono una semplice verifica di tutto ciò che era emerso dall’osservazione: quelle interessate solo al denaro si rivelarono totalmente incapaci di compiere un qualunque lavoro, anche se si trattava solo di lavare un bicchiere; quelle che si sentivano a disagio non erano in grado di fare compagnia, erano troppo timide e silenziose (questo non andava a genio solo ad Angela: tanto, il signor Corsani non avrebbe comunque interloquito nemmeno lontanamente con quella che poi sarebbe stata la sua finta badante).
Con grande sorpresa dei due futuri datori di lavoro, alcune donne erano acculturate. Il signor Corsani era contento di ciò, più che sorpreso (lui stesso era un amante della cultura nonostante il suo parco background); Angela invece apparve particolarmente stupita: era sempre stata abituata all’idea che la cultura fosse diffusa solamente nelle classi alta, medio - alta, borghese,… .
Angela ebbe subito simpatia per una giovane donna, in particolare: si chiamava Milena Melitina; parlava bene l’italiano, era eloquente e aveva anche studiato. Purtroppo, come aveva raccontato, la sua famiglia era caduta in disgrazia: il fidanzato della madre, ricco commerciante, si era rivelato come un ladro, ed era scappato con tutti i risparmi della moglie e della figliastra. Lei, quindi, non aveva potuto proseguire gli studi, anche se le sarebbe piaciuto molto, e aveva iniziato a lavorare molto presto; facendo però solo lavori di questo genere, visto che non aveva potuto conseguire nemmeno il diploma. Lavorando, studiava da autodidatta, e, quando avrebbe messo da parte abbastanza risparmi, si sarebbe iscritta all’università; questo era il suo obiettivo, il suo sogno.
Angela fu molto colpita dalla forza della giovane; il signor Corsani dalla sua bellezza: era biondissima, dagli occhi azzurri come i ghiacciai islandesi quando il cielo è blu oltremare e le guance che diventavano subito rosse come le sabbie dei deserti australiani al tramonto, non appena riceveva un complimento o aveva caldo o faceva fatica ad arrivare agli scaffali più alti; le labbra erano rosa come certe spiagge cretesi. Lo trasportava nei luoghi esotici più lontani dalle città e dalla civiltà che lui odiava, e più diversi: caldi e freddi, bui e assolati; un giro del mondo.


Inutile dire che fu subito scelta lei.
Angela le fece vedere tutta la grande casa, mentre le spiegava le sue principali mansioni, mentre Milena ascoltava attentamente e, ogni tanto, esprimeva apprezzamenti verso i rari pezzi d’antiquariato conservati di qua e di là nelle varie stanze.
Il signor Corsani, quando si furono tutti e tre riuniti intorno al tavolo della Sala Belle Epoque (il soggiorno), osservava la nuova arrivata. Sentiva una strana sensazione: dopo tanto tempo, non vedeva l’ora di conoscere una persona, e di stare a parlare con lei da solo.
Da molti anni ormai, infatti, il signor Corsani odiava le persone che lo circondavano: erano solo amici della moglie. Ricchi, pigri, goderecci, come lui quando ancora apprezzava la bella vita; eccessivamente attaccati a cose effimere e materiali come la ricchezza e gli agi, senza quindi apprezzare i veri valori della vita, che non avevano un prezzo o una consistenza: l’avere delle idee e difenderle, volere il bene comune ma non il quieto vivere, la giustizia,… . Niente di tutto questo navigava nelle menti fluide e ubriache degli amici di Angela, i quali, alla veneranda età di oltre sessant’anni, ancora non avevano compreso il vero senso dell’esistenza. Il signor Corsani non riusciva a capacitarsi di questa mancanza da parte dei suoi coetanei.
E adesso, dopo tanto tempo, ecco una giovane donna, bella e intelligente, che aveva un sogno, cioè il sapere.
Dopo tanto tempo, era veramente felice.
- … Poi ti faremo conoscere lo chef, le cameriere,e tutti i tuoi futuri colleghi!- stava intanto dicendo Angela.
-Ne sarei onorata, davvero- rispose Milena, educatamente, con un lieve sorriso che riportò il signor Corsani in giro per pianeti onirici e lontani.
-Vedrai, sono molto simpatici ed efficienti. Certo, lo chef se la tira un po’, ma , sai, a buona ragione. Lunedì sera daremo un ricevimento molto importante, sai?-
-Davvero?Cosa si festeggia, se posso chiedere?-
-Un mio caro amico, Richard Montgomery, ha appena aperto una nuova filiale molto grande della sua banca, la Montgomery’s; immagino che tu la conosca…-
-Oh, sì… i miei risparmi sono tutti lì…- rispose ironicamente la giovane, pensando a tutte le tasse che doveva pagare per dei risparmi di decisamente poca importanza. Angela, non capendo il senso dell’ironia, continuò a parlare della banca Montgomery’s, dagli esordi fino alla condizione attuale.
Mentre, per un istante, gli sguardi di Milena e del signor Corsani si incrociarono. In Milena era decisamente cresciuta la curiosità verso il signor Corsani, che fino a quel momento non aveva proferito parola ma che, a suo avviso, aveva uno sguardo ancora sveglio, intelligente, giovane nonostante l’età. Si sorrisero, e lei continuò ad ascoltare Angela.
-…e, visto che ormai l’azienda aveva raggiunto il culmine, l’apogeo del successo, eccoci qui. Ma, ti chiederai, perché ti ho parlato di questo?Beh, perché il ricevimento è lunedì, e sarà quindi da quel giorno che lavorerai ufficialmente, con un aumento per questa settimana se svolgerai bene le mansioni per l’evento. Questo week-end, quindi, non lavorerai. Sarai nostra ospite. Avrai l’opportunità di vedere meglio la casa, iniziando già a far compagnia a mio marito, se vuoi…-
-Certo, non c’è alcun problema. Grazie mille, signora…-
-Angela, chiamami solo Angela. Ma, a proposito di mio marito… Cesare, perché non parli? Mica è qui per me, la signorina!- .
A quel punto, Cesare Corsani e Milena Melitina si guardarono di nuovo negli occhi. In lui il desiderio di conoscerla si accese ancora di più; e lo stesso avvenne nella giovane. Le sembrava un uomo così saggio, ricco interiormente, con cui si sarebbe potuto parlare di così tante cose, per giorni e notti… . Si vedevano vicendevolmente come due infinite, oniriche, diverse, interessanti, esotiche storie; due universi in cui viaggiare per lungo tempo. Lei voleva viaggiare nella vissuta storia di lui, e lui nella platonica, ideale storia di lei.
-Beh, Angela, sto semplicemente ascoltando…- .


Cesare e Melitina fecero un altro giro della casa, senza la guida di Angela.
Lui le spiegava i dipinti e i libri in giro per le varie stanze, e intanto ricordava storie della sua vita, divertenti o drammatiche, e le raccontava alla giovane, la quale ascoltava con molto interesse:il viaggio aveva inizio.
Lei,camminando lentamente al suo fianco, cercava di immaginare le vicende che Cesare narrava : se le immaginava come un film in bianco e nero, con gli uomini in giacca e cravatta con il sigaro in bocca e le donne vestite come dive, con i guanti di velluto e bizzarri e stravaganti ma bellissimi cappelli.
Guardando una copia del ritratto di Sylvia Von Harden, Cesare raccontò una storia che a Milena piacque particolarmente, e che ricordò anche nel proprio diario:
- Questa donna mi ricorda tanto una persona con cui ho… come dire… amabilmente avuto a che fare per un po’, sai?-
-Ah sì?- sorrise Melitina. Poi, timidamente e maliziosamente allo stesso tempo, -…un’amante, il primo amore giovanile o una fuga dalla realtà?- . Il signor Corsani ci pensò per qualche secondo.
-In realtà la definirei come… un incontro casuale, ecco. Ma, ascolta, sediamoci qui. La storia che voglio raccontarti è lunghetta; mica possiamo stare tutto il tempo in piedi! Oddio… lei sì, una signorina così giovane, ma io…- e ridacchiò, -gli anni si fanno sentire!- . Si sedettero su una lunga poltrona barocca, posizionata proprio davanti alla copia.
-Oh, eccoci qui. Allora, questa te la voglio proprio raccontare. Avevo circa vent’anni, ora non ricordo di preciso. Era una domenica ma, soprattutto, ero in cerca di divertimenti. Cioè, di guai…-
-Di guai?In che senso?-
-Beh, sai, prima di conoscere Angela ero tutt’altro che uno stinco di santo! Facevo il gondoliere; bellissime e giovani donne, un po’ come te…- e Melitina sorrise, abbassando gli occhi e arrossendo nel modo che Cesare adorava, -…e… insomma…il complimento ci scappava ogni tanto…- . Milena scoppiò a ridere sonoramente.
-Sì sì, signor Corsani, i complimenti, certo, solo quelli, eh?- .
Anche Cesare Corsani rise serenamente.
-Eh eh… beh, certo, magari anche l’invito a pranzo in un bel posticino sui canali veneziani!Comunque… mi piaceva divertirmi, quindi entrai in un bel posto, vecchio stampo, in una vietta strettissima. Dall’inizio della via sentivo una bellissima musica smooth jazz che mi aveva attirato subito nel locale.
Quando entrai, una nuvola di fumo e un intenso odore di sigaro m’investirono. Quando quella nebbia si dipanò, riuscii ad osservare meglio e…caspita! Mi sembrava di aver fatto un salto in un altro tempo, da quanto quella realtà era diversa dalla mia vita usuale. Io, infatti, ero abituato a gente urlante, rozza, che buttava la pattumiera dalla finestra!-
-Dalla finestra?- chiese, stupita, Milena.
-Sì, sì, dalla finestra! Il netturbino poi passava e ritirava tutto! E quando mi sono ritrovato lì dentro, invece, chi e cosa ho visto e sentito!
Gli uomini, in giacca e cravatta, che fumavano sigari cubani, leggevano gli articoli politici ed economici sul giornale, e ne parlavano. Ma non ne parlavano come si faceva nella mia famiglia, in cui si urlava in maniera sfegatata contro i politici perché erano tutti ladri. Parlavano di crescita economica, di diritti dei lavoratori, di interessi e capitali…e ne discutevano intensamente, riflettendoci, scambiandosi opinioni, ponendosi domande; bevendo baileys con ghiaccio e fumando elegantemente. Loro stavano soprattutto seduti al bancone.
E le donne, poi! Attraenti occhi pesantemente truccati, sensuali labbra rosse come il fuoco, tacchi neri. Anche loro fumavano, ma sigarette normali, come quelle che vedi lì, davanti a Sylvia. Ridevano allegramente, come mi ha ricordato la tua risata di prima, e anche loro erano colte. Parlavano più di arte e letteratura, però.
Su un palchetto, c’era un gruppo che suonava bellissima musica. Per una bellissima cantante. Il cappellino le copriva lo sguardo, nero come l’ebano, con una retina; il vestito lungo era abbastanza aderente da evidenziarle la snellissima silouette, ma non troppo, cosicché si notavano anche le curve dei fianchi. Si muoveva elegantemente dietro il microfono, senza gesticolare troppo, e aveva una voce melodiosa.
Me ne innamorai immediatamente- . E qui, Cesare si interruppe, come se avesse rivissuto il passato per troppo tempo e avesse bisogno di tornare al presente, o non l’avrebbe mai fatto.
Ma Milena Melitina volle sapere il seguito.
-Ma, signor Corsani! Si ferma proprio adesso?Sulla spannung?- chiese, ridendo. –Dai, vada avanti!…Mi piace moltissimo quest’opera!…- .
- D’accordo, d’accordo! Ad un certo punto il gruppo che stava suonando scese dal palco, per dare il posto a qualcun altro. E fu nel momento stesso in cui la cantante scese dal palco, che mi guardò. Mi sorrise e si avvicinò.
“Lei ha proprio l’aria di essere qui per la prima volta” mi disse, sorridendo.
“In effetti… l’ ha capito dal cappello da gondoliere o dalla tosse che mi perseguita da quando ho messo piede… in questo paradiso?”. Sa, Milena, volevo conquistare quella cantante, ma non ero in grado di sostenere alcuna conversazione intelligente né di politica economica o economia politica, né di arte o letteratura! Ero una tabula rasa, capisce cosa intendo?-
-Certo!-
-Ecco… allora lei mi ha risposto “No, in realtà l’ ho capito dallo sguardo di quando è entrato. Come se avesse attraversato una porta spazio-temporale!”, e poi aggiunse, ridacchiando, “Le mancano solo gli occhiali per passare da Giove, e lei sarà completo!” . Notai che aveva un bellissimo sorriso.
“In effetti, la mia realtà è…diciamo diversa. Ma credo di saper ancora invitare una donna a cena, nonostante il cambio di sfondo!Che ne dice?”. Lei mi osservò per qualche secondo, in silenzio: mi scrutò, con i suoi bellissimi occhi neri e quell’espressione sul viso leggermente maliziosa, ma non eccessivamente, non volgare. Aveva due occhi brillanti, furbetti e dolci.
“Potrebbe essere divertente,sì. Una prova interessante…” mormorò, come se stesse riflettendo ad alta voce. “D’accordo, marinaio!Dove mi porti?”.
La portai nel posto più romantico e intimo di Venezia, affacciato su un canale. Fu la serata che mi rese come sono adesso .-
-In che senso?-
-Nel senso che oggi amo la cultura classica, l’arte e il collezionismo di dischi… grazie a quella donna .-
-Ma come si chiamava?- chiese, curiosa, Melitina. Aveva sempre amato quell’epoca, che poteva vivere solamente attraverso dei racconti!
-Si chiamava Veruska. Quando ci sedemmo al tavolo, c’era una chitarra che suonava, e pare che a lei piacesse molto. “Mi ricorda il posto dove lavorava mio padre”, mi disse al riguardo, “in Georgia. Era una bettola, dove suonavano gruppi nomadi provenienti da chissà dove. Ogni sera si sentiva un genere diverso, caratteristico di un paese o di un altro!” . Raccontava la sua vita sorridendo: le piaceva. E io iniziai a chiedermi se anche a me la mia piacesse,e la confrontai con Veruska e il suo mondo. E quelli mi parvero meravigliosi.
“Allora… Cesare, giusto?” mi interpellò, allegramente, allontanandosi bruscamente da nostalgici ricordi.
“Esatto.”
“Raccontami un po’ della tua vita”. Come capii dopo che appresi un certo spirito più… come dire, analitico in certi aspetti, capii che era una sorta di test. Io le raccontai dei luoghi della mia infanzia, dei rapporti che avevo con le persone. Sembrò soddisfatta.
Anche lei mi raccontò di sé: era nata in Georgia e, dopo aver fondato il gruppo con cui suonava, era venuta qui in cerca di fortuna.Sarebbe andata anche in America, ma aveva sempre voluto vedere Venezia, e, arrivata qui, non se ne era voluta più andare. Parlammo tutta la sera di questa bellissima città, delle persone e di musica. Mi aprì gli occhi:parlò di generi che non avevo mai sentito in vita mia;e io che mi credevo informato in questo campo!
Ridemmo molto, e, a fine serata, scrisse su un biglietto diversi indirizzi. “Qui troverai ciò che hai capito di voler trovare”, mi disse. “Domani parto e torno in Georgia. Non so quando torno, ma promettimi una cosa”.
Io, dispiaciuto per quella notizia, le avrei giurato qualunque cosa.
“Non dimenticare me, né il Sassofono Blu, d’accordo?”. Il Sassofono Blu era il posto dove l’aveva incontrata e vista cantare.
“Non potrei mai dimenticarlo” le risposi, amareggiato dalla sua partenza.
Lei mi diede un bacio, e si allontanò. - .
Seguì un lungo silenzio, d’attesa. Sinceramente, Milena si aspettava qualcosa di più; in ogni caso pensò che le sarebbe piaciuto fare un incontro del genere. E, per sapere il finale, chiese subito a Cesare:
-Ma che posti erano quelli scritti sul biglietto?-
-Ah, sì, che stupido!- esclamò il signor Corsani, -quando entrai in uno di quei posti, si trattava di un immenso negozio di vecchi dischi, dove sviluppai la mia passione per la musica jazz, per interi pomeriggi. Un altro indirizzo corrispondeva ad una biblioteca, i cui volumi erano suddivisi per epoche. Mi innamorai subito dell’ Ottocento e del Novecento, ma anche dei classici. Lessi anche qualcosa di politico, ma non particolarmente impegnato, più sul filosofico. Infine, l’altro indirizzo era quello del Sassofono Blu. Ogni tanto ci tornai, con la minuscola speranza di rivedere Veruska. Ma non la rividi mai più-.
Un altro lungo silenzio invase la grande sala.
-Beh- intervenne Milena –effettivamente, è così che doveva andare-. Il signor Corsani, che invece avrebbe voluto che andasse in tutt’altro modo, sembrò interdetto, ma curioso allo stesso tempo.
-Ora sono io a chiederti in che senso!- disse, con leggerezza.
-Nel senso che… se avesse rivisto Veruska, forse… non avrebbe sviluppato appieno lo spirito di lei. Voglio dire che nei luoghi che la donna le ha indicato, lei si è immerso sull’onda di una Veruska onirica, leggendaria e mitica quasi. Se fosse stata realistica per troppo tempo, avrebbe finito per darla per scontata. Lei doveva essere una musa, e così è stato;se vi foste frequentati non lo sarebbe stata più-.
Al signor Corsani piacque molto quell’intervento. E, la sera stessa, lo segnò sul proprio diario.


Venne il giorno del ricevimento.
Durante il week-end appena terminato, Cesare e Milena non avevano potuto passare momenti come quello davanti alla copia di Otto Dix: Angela era particolarmente tesa per il prossimo ricevimento, e il suo esito. Di conseguenza, fin da sabato aveva fatto cominciare i preparativi, e Milena fu occupata molto spesso .I suoi compiti infatti non consistevano solo nel tenere compagnia al signor Corsani: si doveva occupare anche della pulizia generale della casa (quello che aveva dovuto provare al primo colloquio).
Intanto, era la moglie a tener compagnia al signor Corsani:
-Allora, caro, come ti sembra la nuova arrivata?-
-Oh, beh, è…molto simpatica…-
-Ah sì?E, dimmi, Cesare, ti ha raccontato qualcosa sul suo conto?- . Cesare Corsani rispose dopo una breve pausa:
-Sì…beh… mi ha raccontato che le piace Otto Dix. Sai che abbiamo quella stampa appesa, di là…- . Angela rimase interdetta.
-Tutto qui?Pensavo fosse più eloquente-.
-Oh, sì, infatti…Angela, non ti preoccupare: va benissimo!- .
-Se lo dici tu. Ah!- esclamò all’improvviso la moglie Corsani, come se si fosse dimenticata di qualcosa di importantissimo, -Cesare!Hai già deciso cosa metterti per il ricevimento?- .
Il signor Corsani non poté fare a meno di notare che la moglie era visibilmente agitata.
-Ehm…- rispose dopo aver ripassato mentalmente e molto velocemente il proprio guardaroba –io in realtà pensavo di mettere…una camicia… e… un paio di pantaloni… insomma, come vuoi che si vesta un uomo per la festa di un banchiere?- .
Un banchiere che, come non poté fare a meno di pensare Cesare Corsani, era viscido e impiccione,e quando chiacchierava e rideva con Angela lo faceva solo perché lei era una nobildonna russa molto ricca. Ma questo Angela non lo capiva…o non lo pensava proprio?
-Un banchiere?- rispose infatti. –Richard Montgomery non è un banchiere! Come fai a dire una cosa del genere?E’ il figlio del padre fondatore… -
“Del nonno fondatore del bisnonno fondatore del prozio fondatore…” pensò Corsani, sbuffando impercettibilmente.
-…della banca più influente d’Europa, non solo d’Italia! Come puoi non essere agitato?E’ importantissimo che questo ricevimento vada bene: potrebbe… capisci?… Lasciarci dei contatti…- e,abbassando la voce, -Farci degli sconti!- .
Angela era parente dello zar di Russia.
Probabilmente non sarebbe finita sul lastrico nemmeno se le avessero rubato tutta la Russia.
Come poteva importarle degli sconti di Montgomery?Valevano più soldi quelli del supermercato!
Ogni tanto il signor Corsani pensava a queste cose. Rivedeva la moglie da giovane, ricordando le pazzie che avevano fatto insieme, tra cui il matrimonio. E l’osservava adesso; e notava le differenze.
Angela era sempre stata così? Si era sempre preoccupata dell’immagine che le persone avevano di lei?
Ogni volta che Corsani ripensava agli anni con Angela, finiva sempre per ricordare il loro primo appuntamento. Era una giornata assolata, molto calda, quindi si erano seduti all’ombra sugli argini di un fresco canale, visto che lei non era abituata a quelle temperature. Indossava un vestitino corto che le stava molto bene, a fiori. Angela era allegra e felice; non era preoccupata di essere scoperta dai genitori o da chicchessia. Rideva e scherzava, pucciava i piedi nell’acqua… .
No, no, da giovane non era così. E allora che cosa l’aveva resa così? I rapporti con persone come Montgomery?La ricchezza troppo prolungata, gli agi troppo confortevoli?
Milena non era così.
-Allora, Cesare- gli disse la moglie –stasera tu deciderai cosa ti metterai domani sera. Ti aiuteremo io e Milena Melitina-.
Cesare non si scompose, a fatica. Gli venne in mente solo una cosa:
-…Insieme?-
Angela alzò gli occhi, seccata. –Ma che domande!Certo, no?Anzi, sai che ti dico?- .
Il signor Corsani era visibilmente agitato.
-…No…non lo so…cosa mi dici?-
-Che te la chiamo subito! E decidiamo oggi pomeriggio!Il giardino lo farò rassettare da Ivana. Milena!- .
Lei comparve dall’esterno. Indossava un grembiulino floreale, al che il signor Corsani si spaventò assai, ricordando il primo appuntamento con Angela a cui aveva appena finito di pensare. Ma Milena aveva i capelli raccolti in una codina, il trucco leggermente sbavato per il caldo, e le guance arrossate dal sole, come a lui piacevano.
Angela da giovane evitava il sole:diceva che si ustionava. Non era mai arrossita da quando si erano incontrati per la prima volta.
-Sì?-
-Lascia pure stare il giardino, se ne occuperà Ivana. Sciacquati pure il viso:vedo che sei accaldata, poi raggiungi me e mio marito nella nostra camera da letto. Dobbiamo decidere cosa indosserà per il ricevimento-.
-Certamente, Angela. Vi raggiungo subito!-. Quando Milena fu lontana, Angela sussurrò a Corsani,ridendo:
-Mio Dio, ma come fa a stare volentieri sotto il sole cocente? Se ci stessi io per soli cinque minuti, sarei già un maialino arrosto!-.
-Eh,cara Angela, c’est la vie!- le rispose il marito.
Quando furono tutti e tre nella stessa stanza, Cesare Corsani era lievemente agitato. Angela e Milena erano così diverse…Melitina sarebbe stata licenziata su due piedi,e sarebbe andata proprio come con Veruska.
Era forse destinato ad una felicità passeggera?Come tutti gli esseri umani, d’altro canto, come tutta la vita. Magari anche Milena aveva la funzione di Veruska:ricordargli che aveva fatto la scelta sbagliata?Che ora è troppo tardi per rendersene conto, che doveva accorgersene prima, quando si sentiva insoddisfatto della vita ricca e agiata con Angela?
Ma perché essere melodrammatici prima del tempo? Milena era piaciuta molto alla moglie, fin da subito. E Angela non era una persona così cattiva; dava sempre seconde possibilità.
-Allora, Milena, tiriamo fuori dall’armadio i vestiti di Cesare- disse Angela, in tono deciso.
-Tutti?-
-Tutti!Allora…- disse poi, osservando gli abiti sparsi sul grande letto matrimoniale.
Il signor Corsani notò, dopo tanto tempo, la grandezza del suo letto matrimoniale. Che bisogno c’era che fosse così grande?Due ventenni che si amano, di solito, vogliono stare vicini, vogliono il letto più piccolo possibile. Invece quello era sempre stato così ampio!Angela non aveva mai pensato di cambiarlo… .
-Sa,Angela…credo di non aver mai visto un letto così grande in vita mia!- esclamò Milena, ridendo.
-E io così tante cianfrusaglie!- fu la risposta della moglie Corsani. –Cosa lo tieni a fare un sigaro, se non fumi?E, soprattutto, da dove arriva?- .
Milena abbassò gli occhi, sorridendo. Anche Cesare Corsani sorrise;faceva fatica a trattenersi.
- Beh , cara, in realtà è un vecchissimo regalo di compleanno;risale addirittura a prima che ci conoscessimo:avevo circa diciassette anni; te lo ricordi Marco?Quello che ogni tanto balbettava… ecco, lui me l’ ha regalato!Lo tengo per ricordo!- .
-Oddio, se dovessimo tenere tutti i regali che abbiamo ricevuto nelle nostre vite, non riusciremmo nemmeno a viverci, qui dentro!Sei sicuro di volerlo tenere…?- e fece per allungare il braccio verso il cestino.
Melitina guardava, con gli occhi sgranati. “No, ti prego, non farlo!Veruska…” pensava.
-Sicurissimo, ferma!- urlò Corsani. La moglie lo guardò, intensamente.
-…E’ un ricordo…il povero Marco adesso è in un ospizio…ogni tanto mi scrive che non ci sono nemmeno belle infermiere…- mormorò, a giustificare la propria inaudita enfasi, poi.
-Come vuoi…- rispose pensierosa e indispettita Angela.
E così la giornata passò, serenamente. La sera stessa, prima di andare a dormire, il signor Corsani pensò che non era andata così male come aveva pensato, e ne fu molto felice.

Al ricevimento, Richard Montgomery fu accolto con tutti gli onori.
-Richard!Benvenuto!- esclamò Angela, camminandogli incontro (o correndogli incontro, come ebbe impressione Cesare Corsani). –Come stai?-
-Benissimo, Angela, benissimo…- rispose lui, baciandole il dorso della mano in maniera enfatica. Dopo un lungo sguardo, si voltò verso il marito:
-E lei, signor Corsani? Come sta?La vedo in gran forma!-
-…Tutto bene, signor Montgomery. Complimenti per la sua attività;sa, Angela…-
-Ah sì, sì, la mia attività. E’ stata fondata da un mio consanguineo, ormai conta tantissime filiali. Incassiamo milioni e milioni al mese; è incredibile l’effetto che ho sugli acquirenti…- lo interruppe Richard.
Quando l’ospite e Angela si furono allontanati a braccetto, Ivana, che per servire i gamberetti aveva assistito, mormorò all’orecchio del signor Corsani:
-Sì sì… in gran forma per finire nella tomba e fregarle la moglie, signore! Questo voleva dirle!- , e se ne andò con il vassoio.
Cesare Corsani si disse che quei giorni erano per lui un continuo imparare cose nuove: Ivana era un donnone imponente e deciso, e lui non si sarebbe mai aspettato da lei una tale raffinatezza d’osservazione.
Sorridendo, si avvicinò al banco delle bibite. Dietro, due giovani donne, una delle quali era Milena.
-Desidera, signor Corsani?- gli chiese l’altra.
-No, grazie, nulla; mi metto in fila di qua… ah, ecco, buonasera!- salutò poi, faccia a faccia con Milena. Lei sorrise.
-Buonasera, signor Corsani. Ha forse cambiato idea in questi quattro secondi, desidera qualcosa da bere, adesso?-
-Cosa offre la casa?- .
La giovane rise, allegramente.
-Dunque, la sua casa offre… un whisky e soda?-
-Lei mi capisce alla perfezione, signorina!Beh, grazie,- continuò dopo che Milena gli ebbe dato il bicchiere, -a presto!-.
-A presto!-
-Ah, dimenticavo, - ritornò Cesare Corsani, -lei ha chiacchierato con Ivana ultimamente?-
-Oh sì- rispose Melitina, - è molto simpatica. Però aveva momentaneamente perso l’amore per le cose. Le ho detto che i servizi d’argento non devono essere lucidati e ordinati perché lo vuole la padrona di casa, ma perché così sono belli da vedere!- .
-Hai fatto bene. Allora, au revoir,mademoiselle!-.
Cesare Corsani passò il resto della serata ad osservare la sua casa, che gli sembrava molto più bella. Come nel cambiamento della cara vecchia Ivana, anche nel cambiamento della sua casa si notava lo zampino di Milena.
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