Ready Aim Fire
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Ready Aim Fire
Ready
Aim
Fire
Aim
Fire
«Ready!!!»
Dannazione, ci siamo.
Altre due parole e sarò un corpo senza vita. Vorrei gridare. Devo godermi questo istante. Esattamente questo. Ho gli occhi aperti – credo – ma è tutto buio. Cosa cazzo aspetta a dire la prossima frase. Si è rotto il disco? Ho prurito, vorrei grattarmi. Non posso muovermi, non posso urlare, non posso grattarmi. Il muro è ghiacciato, sento qualcosa muoversi sulla spalla; ora scende e si ferma nel mezzo della schiena. Forse è soltanto una goccia di sudore. Ho sete.
Acqua.
Un brivido mi attraversò le membra; una forte raffica di vento fischiò accarezzando le lunghe canne dei fucili. Udii un tonfo che presto si disperse assieme al vento: era caduto a terra qualcosa di metallico, probabilmente il coperchio di un barile arrugginito. Ne avevo visti alcuni sulla destra prima che mi infilassero questo cappuccio scuro. Erano verde bottiglia, ammaccati e usurati. Il muro era di cemento armato, grigio, ruvido, macchiato e traforato. Era un muro fine a se stesso, non faceva parte di un edificio. Non avevo idea di dove fossi, troppi viaggi e spostamenti. Sono stato rinchiuso in almeno tre luoghi diversi: nel primo parlavano arabo, portavano due volte al giorno una caraffa d’acqua e una specie di minestra dal sapore strano e speziato; dopo qualche giorno e diverse ore di viaggio, mi hanno sbattuto in una stanza umida, nel silenzio più totale. Quando le zanzare cominciavano a calare numerose, nutrendosi del mio sangue, mi veniva portato un secchio mezzo pieno d'acqua puzzolente. Nell'ultimo, ho sentito qualche parola mal masticata d’inglese; niente cibo, niente acqua.
Che idiota. Utilizzo i miei ultimi secondi di vita per pensare a questo schifo. Ma cosa stanno aspettando?
Chiusi forte le palpebre, stringendo i denti. Respirai profondamente. Nell'aria riuscivo a percepire un odore acerbo di polvere da sparo. Com'è possibile? Suggestione? Non avevo sentito alcun rumore.
Un ricordo s’appoggiò, leggero, sull’erba fresca che in questa stagione cresceva giovane e rigogliosa nel cortile di casa mia. Riuscivo a vedere la terra rialzata da un esercito di formiche, impegnate nelle loro quotidiane missioni. La porta di casa era socchiusa e diffondeva un piacevole odore d’aglio e di vino. Mi avvicinai. La rugiada, passo dopo passo, puliva i miei stivali di cuoio nero. Giunsi in prossimità dell’uscio e solo allora scorsi un piccolo cane dal manto rossiccio con riflessi marroni zampettare verso di me; cominciò ad abbaiare senza sosta poggiando le zampe sui miei calzoni mimetici.
“Ben! Che succede? Smettila! Vieni qua! Pappa, Ben! Pappa!”
Riconobbi subito la voce di mia madre. Sempre la stessa. Limpida, calda, materna. Appoggiai delicatamente la mano alla porta e la dischiusi; aveva smesso di cigolare.
Tutto era diverso, a partire dalla disposizione dei mobili: alcuni li riconoscevo, altri
sembravano nuovi ma l’ingresso rimaneva splendidamente familiare. Udii dei passi, veloci, decisi. Mia madre giunse di fronte a me. Impietrita si fermò, mi guardò più volte. Gli occhi cominciarono a bruciarmi, il suo volto era già rigato da quelle lacrime che fanno bene. Il suo sguardo intrecciato al mio, come stessimo dialogando a nostra insaputa. Lasciò cadere a terra il piatto colmo di cibo che teneva prima ben saldo con entrambe le mani rugose ma curate. Senza far rumore si ruppe a terra, l’odore d’aglio e di vino divenne forte e persistente.
Un filo di saliva mi rigò il mento. La mia schiena nuda era di nuovo poggiata al muro freddo e appuntito.
Come possono metterci così tanto? Morirò all'istante? Dove mi colpiranno? Nel cuore? In testa? L’ultima parola che sentirò sarà “Fire”, forse qualche imprecazione e una risata nervosa del plotone d'esecuzione. L’ultimo rumore, un insieme di spari che rimbomberanno e mi trapasseranno, frantumandomi le costole oppure il cranio.
Mi mancava il fiato, non riuscivo a trovare una cadenza spontanea e regolare. Avevo paura. Non volevo trovarmi a respirare nel preciso istante in cui il proiettile mi avesse trafitto. La mia gola era secca, appiccicosa, deglutivo aria.
Riuscivo a sentire, nonostante il mio udito compromesso dalla guerra, il morbido gorgoglìo della moka provenire dalla cucina. Mio padre non aveva fatto che parlare tutto il pranzo, versava dell'ottimo vino nei calici, rideva e scherzava. Rinchiuso nel corpo di un anziano, sembrava un ragazzo di nuovo felice. Mi stringeva le braccia con forza, trasportato dall'affetto e dalla passione.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Ero diventato completamente sordo, almeno così pensavo fin quando alcune persone poco distanti da me non bisbigliarono qualcosa tra loro. Non riuscii a comprendere una sola parola ma fu sufficiente per capire che ero ancora vivo.
Ero un criminale. Un criminale non convenzionale. Non un serial-killer né un pluriomicida. In ogni caso dovevo essere giustiziato. E' solo una questione di sfumature, come diceva mio nonno: "le sfumature sono più importanti dei colori".
Avevano deciso che dovevo smettere di vivere.
L'allegro vociferare, che rimbombava in tutte le stanze del piano terra, venne placato dal suono vivace del campanello. Mia madre si alzò e corse verso l'ingresso: erano arrivati parenti e amici. Ascoltavo ogni singola voce che mi sembrava più squillante del solito. Riconobbi ogni persona; aspettai seduto sulla poltrona, sorseggiando il caffè che, dimenticato tra le chiacchiere, era diventato ormai freddo.
Un sapore amaro pervase la mia bocca, deglutii ancora una volta ma la saliva, rada e densa, sembrava seccarsi in gola, provocandomi soltanto fastidio.
Sarò ingenuo, ma in questi giorni non ho mai perso le speranze. “Prima o poi arriveranno, se non è oggi, sarà domani”, mi dicevo. Niente, nessuno. Soltanto vento e puzza di rancido. Sentii provenire l'eco di uno sparo, seguito da un urlo di dolore; poi, il silenzio della rassegnazione. Rabbrividii. Le illusioni di un'anima, buona o cattiva che sia, dilaniate in un solo istante.
Forse stavo solo immaginando.
«Aim!!!»
Aprii gli occhi, questa volta veramente.
Le palpebre sembravano appiccicate. Impugnai meglio il fucile e allineai il mirino alla figura sfuocata di fronte a me.
Era un uomo nudo e scalzo. Era coperto soltanto da una camicia arrotolata in vita e tra le gambe per celare in qualche modo l'intimità. Il volto era coperto da un cappuccio scuro che, complice il vento, lasciava intravedere un naso pronunciato e un mento spigoloso. Era proprio lui, ero io; l'uomo nella mia mente. Sfiorai il grilletto e aspettammo insieme.
Dannazione, ci siamo.
Altre due parole e sarò un corpo senza vita. Vorrei gridare. Devo godermi questo istante. Esattamente questo. Ho gli occhi aperti – credo – ma è tutto buio. Cosa cazzo aspetta a dire la prossima frase. Si è rotto il disco? Ho prurito, vorrei grattarmi. Non posso muovermi, non posso urlare, non posso grattarmi. Il muro è ghiacciato, sento qualcosa muoversi sulla spalla; ora scende e si ferma nel mezzo della schiena. Forse è soltanto una goccia di sudore. Ho sete.
Acqua.
Un brivido mi attraversò le membra; una forte raffica di vento fischiò accarezzando le lunghe canne dei fucili. Udii un tonfo che presto si disperse assieme al vento: era caduto a terra qualcosa di metallico, probabilmente il coperchio di un barile arrugginito. Ne avevo visti alcuni sulla destra prima che mi infilassero questo cappuccio scuro. Erano verde bottiglia, ammaccati e usurati. Il muro era di cemento armato, grigio, ruvido, macchiato e traforato. Era un muro fine a se stesso, non faceva parte di un edificio. Non avevo idea di dove fossi, troppi viaggi e spostamenti. Sono stato rinchiuso in almeno tre luoghi diversi: nel primo parlavano arabo, portavano due volte al giorno una caraffa d’acqua e una specie di minestra dal sapore strano e speziato; dopo qualche giorno e diverse ore di viaggio, mi hanno sbattuto in una stanza umida, nel silenzio più totale. Quando le zanzare cominciavano a calare numerose, nutrendosi del mio sangue, mi veniva portato un secchio mezzo pieno d'acqua puzzolente. Nell'ultimo, ho sentito qualche parola mal masticata d’inglese; niente cibo, niente acqua.
Che idiota. Utilizzo i miei ultimi secondi di vita per pensare a questo schifo. Ma cosa stanno aspettando?
Chiusi forte le palpebre, stringendo i denti. Respirai profondamente. Nell'aria riuscivo a percepire un odore acerbo di polvere da sparo. Com'è possibile? Suggestione? Non avevo sentito alcun rumore.
Un ricordo s’appoggiò, leggero, sull’erba fresca che in questa stagione cresceva giovane e rigogliosa nel cortile di casa mia. Riuscivo a vedere la terra rialzata da un esercito di formiche, impegnate nelle loro quotidiane missioni. La porta di casa era socchiusa e diffondeva un piacevole odore d’aglio e di vino. Mi avvicinai. La rugiada, passo dopo passo, puliva i miei stivali di cuoio nero. Giunsi in prossimità dell’uscio e solo allora scorsi un piccolo cane dal manto rossiccio con riflessi marroni zampettare verso di me; cominciò ad abbaiare senza sosta poggiando le zampe sui miei calzoni mimetici.
“Ben! Che succede? Smettila! Vieni qua! Pappa, Ben! Pappa!”
Riconobbi subito la voce di mia madre. Sempre la stessa. Limpida, calda, materna. Appoggiai delicatamente la mano alla porta e la dischiusi; aveva smesso di cigolare.
Tutto era diverso, a partire dalla disposizione dei mobili: alcuni li riconoscevo, altri
sembravano nuovi ma l’ingresso rimaneva splendidamente familiare. Udii dei passi, veloci, decisi. Mia madre giunse di fronte a me. Impietrita si fermò, mi guardò più volte. Gli occhi cominciarono a bruciarmi, il suo volto era già rigato da quelle lacrime che fanno bene. Il suo sguardo intrecciato al mio, come stessimo dialogando a nostra insaputa. Lasciò cadere a terra il piatto colmo di cibo che teneva prima ben saldo con entrambe le mani rugose ma curate. Senza far rumore si ruppe a terra, l’odore d’aglio e di vino divenne forte e persistente.
Un filo di saliva mi rigò il mento. La mia schiena nuda era di nuovo poggiata al muro freddo e appuntito.
Come possono metterci così tanto? Morirò all'istante? Dove mi colpiranno? Nel cuore? In testa? L’ultima parola che sentirò sarà “Fire”, forse qualche imprecazione e una risata nervosa del plotone d'esecuzione. L’ultimo rumore, un insieme di spari che rimbomberanno e mi trapasseranno, frantumandomi le costole oppure il cranio.
Mi mancava il fiato, non riuscivo a trovare una cadenza spontanea e regolare. Avevo paura. Non volevo trovarmi a respirare nel preciso istante in cui il proiettile mi avesse trafitto. La mia gola era secca, appiccicosa, deglutivo aria.
Riuscivo a sentire, nonostante il mio udito compromesso dalla guerra, il morbido gorgoglìo della moka provenire dalla cucina. Mio padre non aveva fatto che parlare tutto il pranzo, versava dell'ottimo vino nei calici, rideva e scherzava. Rinchiuso nel corpo di un anziano, sembrava un ragazzo di nuovo felice. Mi stringeva le braccia con forza, trasportato dall'affetto e dalla passione.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Ero diventato completamente sordo, almeno così pensavo fin quando alcune persone poco distanti da me non bisbigliarono qualcosa tra loro. Non riuscii a comprendere una sola parola ma fu sufficiente per capire che ero ancora vivo.
Ero un criminale. Un criminale non convenzionale. Non un serial-killer né un pluriomicida. In ogni caso dovevo essere giustiziato. E' solo una questione di sfumature, come diceva mio nonno: "le sfumature sono più importanti dei colori".
Avevano deciso che dovevo smettere di vivere.
L'allegro vociferare, che rimbombava in tutte le stanze del piano terra, venne placato dal suono vivace del campanello. Mia madre si alzò e corse verso l'ingresso: erano arrivati parenti e amici. Ascoltavo ogni singola voce che mi sembrava più squillante del solito. Riconobbi ogni persona; aspettai seduto sulla poltrona, sorseggiando il caffè che, dimenticato tra le chiacchiere, era diventato ormai freddo.
Un sapore amaro pervase la mia bocca, deglutii ancora una volta ma la saliva, rada e densa, sembrava seccarsi in gola, provocandomi soltanto fastidio.
Sarò ingenuo, ma in questi giorni non ho mai perso le speranze. “Prima o poi arriveranno, se non è oggi, sarà domani”, mi dicevo. Niente, nessuno. Soltanto vento e puzza di rancido. Sentii provenire l'eco di uno sparo, seguito da un urlo di dolore; poi, il silenzio della rassegnazione. Rabbrividii. Le illusioni di un'anima, buona o cattiva che sia, dilaniate in un solo istante.
Forse stavo solo immaginando.
«Aim!!!»
Aprii gli occhi, questa volta veramente.
Le palpebre sembravano appiccicate. Impugnai meglio il fucile e allineai il mirino alla figura sfuocata di fronte a me.
Era un uomo nudo e scalzo. Era coperto soltanto da una camicia arrotolata in vita e tra le gambe per celare in qualche modo l'intimità. Il volto era coperto da un cappuccio scuro che, complice il vento, lasciava intravedere un naso pronunciato e un mento spigoloso. Era proprio lui, ero io; l'uomo nella mia mente. Sfiorai il grilletto e aspettammo insieme.
Ultima modifica di Sall il Mer 15 Giu 2011, 12:49 - modificato 12 volte.
Commenti a Ready Aim Fire
Aggiungo qui di seguito alcuni commenti ricevuti pescati in giro per il forum
Gio Ago 26, 2010 2:57 pm
Ven Ago 27, 2010 10:52 am
Mar Ago 31, 2010 7:58 pm
Gio Ago 26, 2010 2:57 pm
quela ha scritto:
Sall - Ready- Aim – Fire. Decisamente pregevole, ben scritto e incisivo questo racconto con colpo di scena finale che descrive a forti tinte il dramma del carnefice che s’immedesima nei pensieri del condannato alla sua ultima spiaggia. Tutto è svelato nelle ultime righe ma avvolge il lettore in un’atmosfera densa di cupa riflessione sul destino, al confine fra la vita e la morte. L’ho apprezzato particolarmente perché mi richiama alla mente l’empatia di un profiler verso vittime e serial killer. Davvero interessante.
Ven Ago 27, 2010 10:52 am
Artemisia ha scritto:
@ Sall – Ready, aim, fire
Racconto intenso. Ben descritti la sofferenza e il profondo disorientamento che prova il condannato a morte. Bello il finale in cui il carnefice guarda se stesso attraverso gli occhi del condannato.
Mar Ago 31, 2010 7:58 pm
cassamede ha scritto:
Sall – Ready Aim Fire. scrittura incisiva, scambio di emozioni ben riuscito
Ultima modifica di Sall il Gio 21 Ott 2010, 12:06 - modificato 1 volta.
Re: Ready Aim Fire
davvero scritto bene, in modo molto coinvolgente; dal punto di vista psicologico è molto interessante il sentimento di pentimento e la consapevolezza di poter evitare di fare qualcosa di cui si pentirà solo attraverso un'esperienza di tipo "mentale", una trasposizione del proprio punto di vista.
Compliments!
Compliments!
laretta- Inchiostro Verde
- Messaggi : 504
Età : 29
Re: Ready Aim Fire
Ottimo.
Ma...
...questa è la perla.
Ma...
Sall ha scritto:Ho sete.
...questa è la perla.
Tapiro Obeso- Inchiostro Bianco
- Messaggi : 49
Re: Ready Aim Fire
Molto interessante. Ti faccio i complimenti per essere così bravo. Ciao
Madam Becau- Inchiostro Verde
- Messaggi : 809
Età : 73
:: Vetrina Autori :: Opere :: Sall
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