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Messaggio Da Artemisia Mer 28 Lug 2010, 11:44

Meglio scrivere per se stessi, e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi. Cyril Vernon Connolly (1903 – 1974), letterato britannico.

- Se si scrive per se stessi (spesso è un bisogno interiore) significa che nessun altro potrà condividere ciò che si è scritto e questo equivale un po' a creare un monologo con il proprio sé.

In tal proposito Raymond Carver (Il mestiere di scrivere) dice: – Una poesia o un racconto - qualsiasi opera letteraria che presuma di chiamarsi arte - è un atto di comunicazione fra lo scrittore e il lettore. Chiunque può esprimersi, ma quello che gli scrittori e i poeti vogliono fare nelle loro opere, più che limitarsi a esprimere se stessi, è comunicare, giusto? C'è sempre l'esigenza di tradurre i propri pensieri e le proprie preoccupazioni più profonde in un linguaggio che li fonda in una forma - narrativa o poetica - nella speranza che il lettore li possa capire e possa provare quelle stesse sensazioni e interessi.
Le sensazioni e le intuizioni del lettore accompagnano e integrano sempre un brano letterario. E' una cosa inevitabile e anche auspicabile. Ma se il carico principale di quello che lo scrittore ha da dare rimane alla stazione di partenza, quel brano, a mio modo di vedere, è in gran parte fallito. Credo di essere nel giusto quando penso che quella di essere capito sia una premessa fondamentale da cui qualsiasi buon scrittore deve prendere le mosse o, piuttosto, una meta da prefiggersi".

Il pensiero di Carver, però, è giusto solo in parte, perché molti sentono sì il bisogno di scrivere, ma esso non sempre è accompagnata dall'esigenza di condividere con alcuno il proprio mondo interiore.


– Se si scrive seguendo mode, commercialità, significa tradire se stessi ma... ma se si è furbi si può trovare il modo di scrivere per il pubblico conservando se stessi. Voi cosa ne pensate? Very Happy
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Messaggio Da ale Mer 28 Lug 2010, 17:54

ciao Artemisia, scusami se vado subito fuori tema ma non so se l'avevi visto: nella sezione caffè letterario forse riusciamo a partire con un esperimento di scrittura di gruppo sottoforma di minitorneo. (Se ti interessa)
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Messaggio Da Thomas Mann Mer 28 Lug 2010, 18:21

Cara Artemisia, secondo me uno scrittore per definirsi tale non può prescindere dalle prime regole, che sono la comprensibilità e la capacità di attrarre il lettore, altrimento non è uno scrittore ma uno che lo potrà diventare. Naturalmente la comprensibilità è cosa diversa dalla profondità, uno scrittore può suscitare grandi interrogativi con la massima comprensibilità. Invece se crede opportuno non interressarsi a questo tipo di problematiche, può farlo, ma qui a Roma noi diciamo: "Te la canti e te la soni da solo!" Ossia, scrivi e non ti interessi degli altri. In verità per essere scrittori bisogna fare un lungo e faticoso viaggio di studio e di lavoro, dopo aver capito le proprie potenzialità e la propria attitudine. Questo non comporta neanche il discorso del rispettare sé stessi, la propria dignità, in quanto chi ritiene assolutamente primario il giudizio del pubblico più vasto non può classificarsi come scrittore, ma solo come un mediocre scribacchino.
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Messaggio Da Artemisia Mer 28 Lug 2010, 22:59

ale ha scritto:ciao Artemisia, scusami se vado subito fuori tema ma non so se l'avevi visto: nella sezione caffè letterario forse riusciamo a partire con un esperimento di scrittura di gruppo sottoforma di minitorneo. (Se ti interessa)
Wink
ciao

Ale per il mini-torneo vi seguirò leggendo ciò che scriverete con piacere.
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Messaggio Da Artemisia Mer 28 Lug 2010, 23:03

Thomas Mann ha scritto:Cara Artemisia, secondo me uno scrittore per definirsi tale non può prescindere dalle prime regole, che sono la comprensibilità e la capacità di attrarre il lettore, altrimento non è uno scrittore ma uno che lo potrà diventare. Naturalmente la comprensibilità è cosa diversa dalla profondità, uno scrittore può suscitare grandi interrogativi con la massima comprensibilità. Invece se crede opportuno non interressarsi a questo tipo di problematiche, può farlo, ma qui a Roma noi diciamo: "Te la canti e te la soni da solo!" Ossia, scrivi e non ti interessi degli altri. In verità per essere scrittori bisogna fare un lungo e faticoso viaggio di studio e di lavoro, dopo aver capito le proprie potenzialità e la propria attitudine. Questo non comporta neanche il discorso del rispettare sé stessi, la propria dignità, in quanto chi ritiene assolutamente primario il giudizio del pubblico più vasto non può classificarsi come scrittore, ma solo come un mediocre scribacchino.

Giustissimo Thomas! Un bravo scrittore riesce a esplicare concetti profondi con semplicità attirando il lettore attraverso un particolare uso di parole quasi ammaliante.

Spesso però un bravo scrittore è tale ma in maniera inconsapevole, nel senso che sente una forza che lo spinge a scrivere; scrive per dare sfogo a questa pulsione e incredibilmente trasporta su un foglio bianco un mondo di idee, di pensieri condivisibili da centinaia di altre persone che addirittura si identificano con lo scrittore stesso che è riuscito a mettere nero su bianco ciò che ognuno di loro ha in sé, ma che non riesce ad esprimere.
Ecco perché ritengo che per ogni tipo di scrittore corrisponde un certo lettore. Se non esistessero i cosiddetti "scribacchini" forse tante persone non si avvicinerebbero neppure a un libro.
Magari si inizia con un libro di semplice evasione e si continua ricercando letture sempre più impegnative, insomma si finisce per diventare dei buongustai.
Per diventare dei bravi scrittori bisogna studiare è vero, anche se credo sia più giusto dire che si deve leggere molto, ma poi c'è una cosa che non deve mancare mai: è il talento.
Buona scrittura! study
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Messaggio Da Artemisia Mar 03 Ago 2010, 16:34

Per chi si è sentito dire che scrive scemenze.
Ogni cosa scritta con il cuore o con la voglia di raccontare una semplice storia ha grande valore, sempre.

Dopo aver scritto un breve racconto dal titolo "Il pozzo e il pendolo" e averne vendute alcune copie agli amici, un giovanissimo Stephen King ( uno dei più celebri autori della letteratura fantastica) venne sgridato e punito severamente dall'insegnante: la signorina Hisler.


Dal romanzo "On writing" di S. king:

« Quello che non capisco, Stevie è perché mai hai dovuto scrivere una scemenza come questa. Tu hai talento. Perché sprecarlo in questo modo?» Aveva arrotolato una copia del romanzo e me lo agitava davanti brandendolo come si farebbe con un quotidiano arrotolato mentre si sgrida un cane per aver fatto pipì sul tappeto. Attese una mia risposta e le rendo atto che la domanda non era del tutto retorica, ma io non avevo risposte da darle.
Mi vergognavo. Ho passato un bel po' di anni dopo di allora, troppi, credo, a provare vergogna per ciò che scrivo. Credo di essere arrivato ai quaranta prima di rendermi conto che quasi tutti gli scrittori di prosa o poesia che abbiano mai pubblicato una sola riga o un verso sono stati accusati da qualcuno di aver buttato via quel dono di Dio che è il talento. Se scrivi (o dipingi o danzi o scolpisci o canti, immagino), ci sarà molto semplicemente qualcuno che cercherà di farti star male per aver osato tanto.



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Messaggio Da tormento Mar 03 Ago 2010, 16:42

ARTEMISIA ha scritto:Dopo aver scritto un breve racconto dal titolo "Il pozzo e il pendolo" e averne vendute alcune copie agli amici, un giovanissimo Stephen King ( uno dei più celebri autori della letteratura fantastica) venne sgridato e punito severamente dall'insegnante: la signorina Hisler.

Aveva scelto un titolo impegnativo.
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Messaggio Da Thomas Mann Mar 03 Ago 2010, 17:13

Aveva ragione l'insegnate!
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Messaggio Da Aspide Mar 03 Ago 2010, 20:02

Ciao, Artemisia, io non lo so se l'insegnante aveva ragione oppure no. Uno scrive perchè gli va e quello che gli va. Scrivere è innanzitutto un'esperienza liberatoria. Catartica. Raccontare storie vuol dire esorcizzare i propri fantasmi e creare vite diverse. Per questo non amo i neorealisti o la letteratura italiana tra le due guerre e gli anni sessanta. Mi piace Tolkien, mi piace King, adoro Bradbury. Al mare ho scoperto Cormac McCarty. Grandioso e tenebroso. Se poi quello che scrivi ha valore per qualcun altro, allora forse sei uno scrittore. Ma in genere i grandissimi sono sempre stati soli. Riconosciuti post mortem. Non credo che Lovecraft o lo stesso Poe abbiano badato tanto a comunicare. Scrivevano quello che gli pareva e basta. Caso mai soffrivano perchè nessuno voleva i loro racconti. Ma continuavano. A scrivere, a essere poveri e infelici. Fino alla morte. Improvvida e improvvisa.
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Messaggio Da Artemisia Mar 03 Ago 2010, 21:59

tormento ha scritto:Aveva scelto un titolo impegnativo.

Molto impegnativo!!! Razz




Thomas Mann ha scritto:Aveva ragione l'insegnate!

O forse no.
È vero che Stephen King è stato per lungo tempo sottostimato dalla critica letteraria tanto da essere definito "maestro della prosa post-alfabetizzata, ma nell'ultimo decennio per il suo enorme successo popolare e per la straordinaria capacità di raccontare l'infanzia nei propri romanzi è stato paragonato a Charles Dickens.
Tantissimi suoi romanzi hanno avuto trasposizioni cinematografiche o televisive per mano di autori importanti quali Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma e David Cronenberg.
Se tanto mi dà tanto...
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Messaggio Da Artemisia Mar 03 Ago 2010, 22:02

Aspide ha scritto:Ciao, Artemisia, io non lo so se l'insegnante aveva ragione oppure no. Uno scrive perchè gli va e quello che gli va. Scrivere è innanzitutto un'esperienza liberatoria. Catartica. Raccontare storie vuol dire esorcizzare i propri fantasmi e creare vite diverse. Per questo non amo i neorealisti o la letteratura italiana tra le due guerre e gli anni sessanta. Mi piace Tolkien, mi piace King, adoro Bradbury. Al mare ho scoperto Cormac McCarty. Grandioso e tenebroso. Se poi quello che scrivi ha valore per qualcun altro, allora forse sei uno scrittore. Ma in genere i grandissimi sono sempre stati soli. Riconosciuti post mortem. Non credo che Lovecraft o lo stesso Poe abbiano badato tanto a comunicare. Scrivevano quello che gli pareva e basta. Caso mai soffrivano perchè nessuno voleva i loro racconti. Ma continuavano. A scrivere, a essere poveri e infelici. Fino alla morte. Improvvida e improvvisa.
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Ciao Aspide, bentornata! Very Happy
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Messaggio Da Artemisia Mar 17 Ago 2010, 12:10

"Ho vissuto coi venti, coi boschi, con le montagne.
Ho mille volte appoggiato la testa ai tronchi degli alberi,
alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie;
ciò che dicevano gli uccelli,
ciò che raccontava l’acqua corrente;
ho ascoltato i canti e le musiche tradizionali
e le fiabe e i discorsi del popolo,
e così si è formata la mia arte,
come una canzone od un motivo
che sgorga spontaneo dalle labbra
di un poeta primitivo".
(Grazia Deledda)

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