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Messaggio Da Ricciardello Mer 04 Mag 2011, 08:56

Sembrerebbe a scorrere le voci del forum che tanti poeti dei nostri giorni siano ignorati, del tutto.
Io stesso mi sono stupito dell'ostracismo della Chiesa nei confronti della Guerrini- Cristina Campo.-
Poi ho riflettuto: Ci sono altri casi di ostracismo verso i poeti moderni?
Purtoppo devo rispondere di SI.
Un caso che viene spesso citato è quello della Merini, ma io personalmente dubito che sia stata una vera poetessa. Indubbiamente è stata una donna che ha sofferto molto, la sua sofferenza fisica, morale, psicologica, non ne ha saputo fare una vera poetessa, a mio parere.
Chi invece è stato un vero poeta è Sandro Penna, morì in miseria, venne "canziato" persino da Montale anche se talvolta a me sembra che Penna sia un poeta molto più intenso dello stesso Montale.Basta pensare come ha saputo figurare la solitudine, la felicità dell'uomo nel mondo moderno. Forse era troppo bravo per i tempi che visse, non è chiaro ma da alcune poesie compare una certa tendenza all'omosessualità, potrebbe esser questo che ne fece un poeta sottoposto all'ostracismo degli uomini di cultura.

Il mondo che vi pare di catene
tutto è tessuto d'armonie profonde


Il libro di poesie di Sandro Penna che ho io è di Garzanti editore, edito nel 1989.

Sandro Penna: Poesie







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Messaggio Da Ricciardello Gio 05 Mag 2011, 01:16


Io amo la musica, ma non sono un musicista.
Io amo la poesia, ma non sono un poeta.
Musica e poesia mi aiutano a vivere con leggerezza, serenità, dimenticando la pesantezza del vivere quotidiano.
Martedì, giovedì, sabato, per uno strano caso non lavoro. Da anni.
Vivo da solo, non devo parte del mio tempo ad alcuno.
Mi seggo in poltrona nel mio studio ed ascolto musica sinfonica o jazz o poesie.
Da amici ed amiche attori, attrici, ho fatto incidere le poesie dei miei poeti preferiti.
Foscolo, Leopardi, "La pioggia nel pineto" e "settembre andiamo " di D'Annunzio (le altre, no), Campo, Quasimodo, Montale, Saba, Piccolo, Luzi, Penna, Lee Master, recentemente ho fatto registrare da una brava attrice dello Stabile Teatro Biondo le poesie di Alda Merini.
Ho scelto una attrice professionista, a pagamento, perché non cercasse la via più breve per finire prima, come può capitare tra amici o con attori amici che registrano per te solo perché li inviti a cena al ristorante.
Questa attrice l'ho pagata, non grandi somme, ma il costo di un biglietto al teatro di prosa per qualche pomeriggio.
Questo perché a me la poesia di Alda Merini non piace, mi appare molto calcolata, pesata, milligrammata (se esistesse il termine) cioè calcolata in ogni singola sfumatura, priva di qualsiasi spontaneità.
L'attrice è stata molto brava, ho delle bellissime registrazioni.
Almeno un pomeriggio al mese ne ascolto una decina.
Gli aforismi no, non li ho fatti registrare, ma le poesie si, tutte.
Spero che ascoltandole possa capire la poetica che ha ispirato questa poetessa, capire il suo dolore per la vita nei manicomi di mezza Italia.
Capire perché dopo aver fatto parte della Letteratura ufficiale è stata "accantonata" .
Ormai è quasi un anno che ascolto le poesie della Merini, non le amo, non le accetto, sono fredde come somme di numeri che nulla mai potranno dirmi o donarmi... e non sono riuscito a capire il perché nel periodo centrale della sua vita è stata sottoposta ad un feroce ostracismo dal mondo della cultura.
All'inzio della sua carriera di poetessa (giovanissima, 16-17 anni) è stata accettata ed ha fatto parte del mondo culturale milanese, alla fine della sua vita è divenuta famosa ed osannata, lauree ad honorem sia in Italia che all'estero.
Devo capire però perché per trent'anni è stata sottoposta a quella feroce negazione.
Non è per nulla chiaro e dalla sua poesia non emerge. Sembrerebbe che il mondo culturale abbia avuto a schifo la sua vita nei manicomi ma poi ecco quando è ormai una vecchia donna, forse per lo stesso identico motivo, oppure per umanissima pietà, riaccettarla e farla famosa.

A me piace la poesia, se piace anche a voi qualche sera parleremo meglio degli altri poeti sottoposti ad ostracismo severo, durissimo, tanto da farli morire di fame.
Chiacchere tra amici in un caffé letterario.




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Messaggio Da Ricciardello Ven 06 Mag 2011, 13:21

Lucio Piccolo di Calanovela aveva difetti insormontabili negli anni cinquanta, immediatamente subito dopo la proclamazione della Repubblica:
1) era discendente da una delle più nobili famiglie siciliane (i Filangieri) che annoverava una decina di viceré di Napoli, Sicilia, Perù ed altri stati dell’impero spagnolo nelle Americhe oltre ad essere stati primi ministri del Regno di Napoli;
2) i primi parenti suoi non erano che degli immigrati, in Italia entrarono al seguito di Goffredo di Buglione nel 1096;
3) era miliardario;
4) con la sua sola presenza a fianco di Lampedusa, suo cugino, al famoso congresso di San Pellegrino Terme nell’estate del 1954 benché appoggiato da Montale, seppe riscuotere l’antipatia del comunista Elio Vittorini, siciliano anche lui e figlio di ferroviere che lo osteggiò sinché visse. Vittorini, quale direttore editoriale della Einaudi, aveva un peso”letterario” fortissimo, anche perché il regime fascista aveva posto i suoi libri all’indice (e non ne aveva motivo perché Vittorini in buona sostanza non aveva la stoffa dello scrittore, era invece un grande critico ed ottimo traduttore, ma di questo se ne vanno accorgendo soltanto adesso i “soloni” che vanno scrivendo le “nuove” Storie della Letteratura Italiana ed i così detti ”letterati del fascismo” erano perfetti analfabeti non in condizione di distinguere una lettera “A” da una lettera “H”, figuriamoci uno scrittore rispetto ad un altro vanamente presunto tale, fu sufficiente per Vittorini assurgere alla gloria dell’indice fascista. Non l’essere ottimo scrittore antifascista, ma essere comunista figlio di comunista. Ho deciso, non porrò Vittorini nella mia Storia della Letteratura Italiana, non lo citerò se non come traduttore, basta dire che capiva tanto di letteratura che per dieci anni ostacolò la pubblicazione del “Gattopardo” perché il suo autore era un principe, proprietario del feudo dove era nato lui).

<< Mi trovavo dinanzi al barone Lucio Piccolo di Calanovella, scrittore finora inedito, sì, ma anche musicista completo, studioso di filosofia che può leggere Husserl e Wittgenstein nei testi originali, grecista agguerrito, conoscitore di tutta la poesia europea vecchia e nuova, lettore per esempio, di Gerard Manley Hopkins e di Yeats, di cui condivide le inclinazioni esoteriche. Mi trovavo, insomma, di fronte a un clerc così dotto e consapevole che veramente l’idea di dovergli essere padrino mi metteva in un insormontabile imbarazzo. Lucio Piccolo ha letto tous les livres nella solitudine delle sue terre di Capo d’Orlando; ma non segue nessuna scuola.” Eugenio Montale, dalla Prefazione a Canti barocchi e altre liriche (Milano, 1956).>>

Jazz. Jazz freddo. Barocco lindo e severo. E’ il sassofono e suona l’assolo. Come Lee Konitz, talvolta torna indietro a prendere fiato ed improvvisare. Suona col fiato che ha adesso, raramente torna indietro anche se dice di volerlo fare. Non si può negare che le prime incisioni del jazz freddo abbiano offerto un gusto estetico alternativo, impopolare al suo inizio. Il tempo è passato e dopo anni il cool jazz, il jazz freddo, è divenuto un classico del jazz. Come Lee Konitz, l’autore suona (scrive) con un tono “puro” e si concentra sullo sviluppo a lente volute colme di emozione, quasi una spirale barocca di sostegno alla cupola di una chiesa. Ascoltando le poesie di Piccolo, ho la stessa impressione di ascoltare un’incisione di jazz freddo. Oggi questo modo di scrivere può bloccare chi legge, ma può aprire la strada al futuro della letteratura. Devo confessare che a me sa descrivere e suscitare sentimenti, emoziona e piace questa scrittura diversa. A volte l’incomprensibile ritorno del verso, fatto senza motivo alcuno tranne che per mettere a prova la propria bravura (ne più né meno come i sassofonisti del cool jazz nella ricerca di emissione di nuovi suoni puri) o l’architetto costruttore del barocco siciliano nel creare volute linde, perfette, austere ma che nell’involversi ritornano alla partenza della spirale, risultano perfettamente coerenti all’innestarsi del verso successivo. Lucidamente Piero Dallamano lo definì: Poeta di barocchi e lucidi travestimenti.
La poesia che segue da Montale prima e poi Pizzuto è stata enominata “Notturno”

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Da ” L’oboe ed il clarino” (libri Scheiwiller 2002- ma a quella data son già morti tutti e due), l’oboe è Antonio Pizzuto, il maggior scrittore della sintesi letteraria, ed il clarino è Lucio Piccolo, colui che imbarazzava Montale con la sua spaventosa cultura.
(…così, poi, tra parentesi, mi piace dire che questo epistolario citato è la partitura della musica che incrinò il silenzio per levarsi subito in piena, vibrata qualità di voci, nel silenzio letterario degli anni 2000 e passa, che le troppe altre voci volute da questa nuova politica analfabeta, figlie della presunzione e della incompetenza, finiscono con l’essere ronzio non elevandosi di alcun decibel su quello delle mosche).

N.B. Io poi ho un altro motivo per amare la scrittura di Piccolo e quell’altra ancora di Pizzuto:
come loro, non so mai dove porre le mie virgole…. e chiedo scusa per la diversa
grandezza di stampa degli allegati, non è che sappia adoperare bene lo skanner... scusate.








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