Il baco e la farfalla (capitolo 4)
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Il baco e la farfalla (capitolo 4)
Dicembre 1951
Mi ero appena sdraiato sul letto di ritorno dalla chiesa, che non frequentavo per fede ma per poter incrociare di sfuggita gli sguardi delle ragazze, quando udii bussare. Dietro alla porta della camera apparve una signora grassa sulla cinquantina, eccessivamente truccata, addobbata come un albero di natale. Abbagliato dal luccichio di orecchini, collane, anelli e bracciali, mi sforzai di sorriderle, cercando invano di mascherare la seccatura per aver dovuto rimandare l’inizio della siesta.
“Scusa dolcezza, ti ho disturbato?”.
Il suo tono melenso mi irritò ancor di più e mi indusse a risponderle sinceramente.
“Mi ero appena sdraiato per riposarmi”.
“Scusa” ripeté con la stessa voce mielosa. “Mi dispiace. È che avrei bisogno di una tua foto, sto preparando una sorpresa per Natale per voi ragazzi”.
“Non ne ho” risposi laconico.
“Tesoro, forse potresti chiederlo alla tua mamma”.
“Non ce l’ho una madre”.
“Come non hai una madre? È morta? Poverino... Forse allora a tuo padre”.
Di male in peggio.
“È morto anche lui” ribattei lapidario.
Sopraffatta da tanta ostilità, abbandonò la stanza richiudendo la porta alle sue spalle.
I rapporti con la signora Milton, così si chiamava quella signora americana, iniziarono a cambiare il giorno dopo quando, durante le pulizie nella sala da pranzo, ritrovai un favoloso anello di diamanti di sua appartenenza.
Quando glielo restituii mi ringraziò con una carezza e mi sussurrò in un orecchio:
“Per sdebitarsi bene non bisogna avere fretta. Verrà un giorno in cui si presenterà l’occasione per dimostrarti la mia riconoscenza”.
Non si sbagliava.
Mi rivelò inoltre che quell’anello le era stato regalato dal suo quinto marito, un ex console svizzero conosciuto a New York per amore del quale aveva vinto la paura del mare e attraversato l’oceano, trasferendosi a vivere in Svizzera. L’attuale marito faceva parte del consiglio d’amministrazione della fondazione che gestiva l’istituto. Poi, tutto d’un fiato, mi raccontò la storia della sua vita. Prima di trasferirsi nel vecchio continente non si era affatto annoiata. A vent’anni si era sposata con un drammaturgo inglese di fama internazionale. L’idillio era durato alcuni anni, durante i quali aveva studiato letteratura e storia, fino a quando a una mostra di artisti emergenti aveva incontrato un allora sconosciuto pittore canadese e se ne era innamorata. Dopo nemmeno un anno era ritornata a una vita più agiata sposando il proprietario di un rinomato ristorante italiano che frequentava abitualmente per soddisfare i propri piaceri culinari. La relazione era durata una decina d’anni nei quali si era dedicata interamente alla sua grande passione, la scrittura. Il suo primo romanzo aveva ottenuto una buona risposta da parte della critica e del pubblico e ogni libro successivo aveva superato in vendite il precedente. Quella che sembrava una tranquilla relazione coniugale era stata interrotta inaspettatamente da una notte di follia consumata, tra alcol e droga, in compagnia di un famoso attore nell’attico di un hotel di Los Angeles. Una squallida storia di sesso che fortunatamente per lei era durata meno di un anno, un tempo comunque sufficiente per sposarsi per la quarta volta. Un magnate svizzero aveva finanziato l’ultimo lavoro del marito e in occasione dell’uscita del film nelle sale cinematografiche aveva organizzato una festa al consolato. Durante la serata era rimasta affascinata dai modi affabili del console, il quale, dopo qualche settimana di indecisione, aveva messo la parola fine a una relazione, all’apparenza felice, durata oltre vent’anni. Quella donna, amante dell’arte, della cultura e della buona cucina, e capace di ammaliare i suoi interlocutori con una parlantina travolgente e mai banale lo aveva letteralmente stregato.
Si vantava spesso di essere stata lei ad aver scelto i propri mariti. E, una volta stufa, di averli anche lasciati.
Gli uomini sono come i frutti di stagione, sentenziava, li devi saper cogliere quando sono maturi, dolci e succosi. Ne godi l’essenza nel loro momento migliore. Poi cambia la stagione e si cambia frutto.
Mi ero appena sdraiato sul letto di ritorno dalla chiesa, che non frequentavo per fede ma per poter incrociare di sfuggita gli sguardi delle ragazze, quando udii bussare. Dietro alla porta della camera apparve una signora grassa sulla cinquantina, eccessivamente truccata, addobbata come un albero di natale. Abbagliato dal luccichio di orecchini, collane, anelli e bracciali, mi sforzai di sorriderle, cercando invano di mascherare la seccatura per aver dovuto rimandare l’inizio della siesta.
“Scusa dolcezza, ti ho disturbato?”.
Il suo tono melenso mi irritò ancor di più e mi indusse a risponderle sinceramente.
“Mi ero appena sdraiato per riposarmi”.
“Scusa” ripeté con la stessa voce mielosa. “Mi dispiace. È che avrei bisogno di una tua foto, sto preparando una sorpresa per Natale per voi ragazzi”.
“Non ne ho” risposi laconico.
“Tesoro, forse potresti chiederlo alla tua mamma”.
“Non ce l’ho una madre”.
“Come non hai una madre? È morta? Poverino... Forse allora a tuo padre”.
Di male in peggio.
“È morto anche lui” ribattei lapidario.
Sopraffatta da tanta ostilità, abbandonò la stanza richiudendo la porta alle sue spalle.
I rapporti con la signora Milton, così si chiamava quella signora americana, iniziarono a cambiare il giorno dopo quando, durante le pulizie nella sala da pranzo, ritrovai un favoloso anello di diamanti di sua appartenenza.
Quando glielo restituii mi ringraziò con una carezza e mi sussurrò in un orecchio:
“Per sdebitarsi bene non bisogna avere fretta. Verrà un giorno in cui si presenterà l’occasione per dimostrarti la mia riconoscenza”.
Non si sbagliava.
Mi rivelò inoltre che quell’anello le era stato regalato dal suo quinto marito, un ex console svizzero conosciuto a New York per amore del quale aveva vinto la paura del mare e attraversato l’oceano, trasferendosi a vivere in Svizzera. L’attuale marito faceva parte del consiglio d’amministrazione della fondazione che gestiva l’istituto. Poi, tutto d’un fiato, mi raccontò la storia della sua vita. Prima di trasferirsi nel vecchio continente non si era affatto annoiata. A vent’anni si era sposata con un drammaturgo inglese di fama internazionale. L’idillio era durato alcuni anni, durante i quali aveva studiato letteratura e storia, fino a quando a una mostra di artisti emergenti aveva incontrato un allora sconosciuto pittore canadese e se ne era innamorata. Dopo nemmeno un anno era ritornata a una vita più agiata sposando il proprietario di un rinomato ristorante italiano che frequentava abitualmente per soddisfare i propri piaceri culinari. La relazione era durata una decina d’anni nei quali si era dedicata interamente alla sua grande passione, la scrittura. Il suo primo romanzo aveva ottenuto una buona risposta da parte della critica e del pubblico e ogni libro successivo aveva superato in vendite il precedente. Quella che sembrava una tranquilla relazione coniugale era stata interrotta inaspettatamente da una notte di follia consumata, tra alcol e droga, in compagnia di un famoso attore nell’attico di un hotel di Los Angeles. Una squallida storia di sesso che fortunatamente per lei era durata meno di un anno, un tempo comunque sufficiente per sposarsi per la quarta volta. Un magnate svizzero aveva finanziato l’ultimo lavoro del marito e in occasione dell’uscita del film nelle sale cinematografiche aveva organizzato una festa al consolato. Durante la serata era rimasta affascinata dai modi affabili del console, il quale, dopo qualche settimana di indecisione, aveva messo la parola fine a una relazione, all’apparenza felice, durata oltre vent’anni. Quella donna, amante dell’arte, della cultura e della buona cucina, e capace di ammaliare i suoi interlocutori con una parlantina travolgente e mai banale lo aveva letteralmente stregato.
Si vantava spesso di essere stata lei ad aver scelto i propri mariti. E, una volta stufa, di averli anche lasciati.
Gli uomini sono come i frutti di stagione, sentenziava, li devi saper cogliere quando sono maturi, dolci e succosi. Ne godi l’essenza nel loro momento migliore. Poi cambia la stagione e si cambia frutto.
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