Il tempo

Mi è piaciuto davvero molto, complimenti!
Soprattutto le cerniere dell'uno e del cento mi hanno piacevolmente sorpresa. Non ci avrei mai pensato!

Concordo con il commento precedente, ottimo brano che fa riflettere. Ho un debole per i racconti che parlano del tempo (a dire il vero ho un debole per gli orologi in particolare), quindi nel tuo ci ho visto un sacco di cose e molto sottotesto. Spero che sia nella raccolta. Al 100%.

Vi ringrazio. Sono molto contento

Premetto che il racconto è bello e merita un voto ottimo.
Sono un editor (non di professione) e sono per natura portato a suggerire qualche variazione, lasciando a te la scelta di quale uso farne.
- potresti cambiare “la signora” (che si mantiene sul vago) in “Mia madre/mamma” (e qui capiamo implicitamente che il protagonista è un ragazzo) oppure in “Daniela, la mia ragazza” (sono due parole in più che puoi recuperare cambiando “abbozza un sorriso” in “sorride”) oppure in “L’infermiera” (e qui introduciamo un’aggravante sullo stato di salute del protagonista che forse giustifica meglio la sua reazione violenta).
Segnalo un refuso: dopo l’ultima parola (Cento) manca il punto.

Grazie Albertone, sia per la premessa che per i suggerimenti. Tu hai trovato il termine su cui ho avuto più dubbi di tutto il racconto; in effetti avevo preso in considerazione sia "infermiera" che "Daniela" (il nome era un altro), ma entrambe attribuivano al racconto una specie di chiarimento che io preferivo non dare: "infermiera" suggeriva una certa gravità della situazione e metteva in primo piano la "malattia" rispetto al "tempo"; "Daniela", o chi per essa, dava un nome a questa persona e contestualmente un tono personal-confidenziale al racconto. Insomma, ho preferito usare termini chiari ma non espliciti, in modo che ogni lettore interpretasse il testo secondo il proprio gusto e la propria sensibilità. Ma ti confesso che se avessi capito come fare, avrei cambiato "La signora" con un semplice "Lei" (e, ora che me lo dici, avrei messo il punto dopo cento.....). E poi, già che c'ero, sarei andato a capo dopo "Una" e prima di "cento", in modo tale da isolare il primo e l'ultimo numero. Tu cosa ne pensi? Comunque grazie ancora e un caro saluto.
Ciao

Creatività, correttezza e stile. Un ottimo testo.

Ciao, Bibiffi. Non leggo i commenti altrui per non lasciarmi condizionare, quindi scusa se ripeterò magari cose che già sai.
Prima ti dico quello che non mi piace: non è vero che puoi contare con sicurezza i pezzi di un bicchiere infranto e men che meno esibire il loro numero con naturalezza, come cosa certa. Questo, e solo questo punto, rende il racconto poco credibile e mi mette in allerta. Per poco, perché il pezzo mi è piaciuto moltissimo: la riflessione che contiene, data per scontata, in realtà non lo è affatto. Sei stata bravissima non solo a racchiuderla in un cento, ma anche ad aprire con "uno" e chiudere con "cento"

Rientro per segnalarti: unO, non unA. (secondo me, of course)...

Cara Bucaneve, di quello che scrivo mi interessa maggiormente sapere quello che NON piace a chi legge. Posso dirti il perché ho scritto le cose che hai letto, ma ciò non toglie che il parere del lettore sia più importante della spiegazione dello scrittore. Comunque ho scritto "Una" e non "uno" sia per richiamare l'ora (che ore sono? è l'una) sia come articolo indeterminativo che sottintende "parola", visto che il racconto deve contare cento parole. Per i numeri hai ragione, è impensabile che uno si metta a contare le schegge di vetro; in realtà è un modo per contare le parole del racconto; settanta è la settantesima parola , come 39 è la trentanovesima, ecc.. Ciao

piaciuto sì,sì, sì,questo tuo centellinare il tempo che passa... lascia sempre la sensazione che in fondo ci ha fregato.